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PRESS, REVIEWS & POEMS

SHE WILL

Fusion Muscolare quella espressa dagli She Quan, power trio composto da Alessio Premoli (chitarra), Giacomo J. Ferrari (basso) e Angelo Brezza (batteria)nell’album She Will. Si parte tiratissimi con She’ll, si prosegue con il riff sincopato di No Frills per poi concedersi qualche sincero episodio di neo-psichedelia (Even Crazier) memore della lezione dei Perigeo. Consigliatissimo agli appassionati di rock che ogni tanto amano aprire una parentesi jazz nei loro ascolti.

Francesco Prisco

Il Sole 24 Ore, 25.01.24

SHE WILL

In un dialogo sempre aperto tra gli strumenti, le sette tracce del nuovo lavoro della band meneghina capitanata da Giacomo Ferrari narrano storie con una dialettica estrosa, mettendo in scena l’arte degli umori cangianti, dei silenzi riflessivi e delle ossessioni ritmiche. Seppur fluida e mutevole nei suoi punti di riferimento, la visione d’insieme è sempre compatta e le note dipingono scenografie cinematografiche attraverso suggestive conversazioni armoniche sempre in bilico tra jazz e sperimentazione. Brani di forte attrattiva per un trio capace di mettere in controluce le proprie encomiabili doti tecniche privilegiando le poetiche triangolari e le trame compositive nonché aprendosi coraggiosamente all’alea degli incontri/scontri tra i musicisti. Un disco strumentale evocativo e dal linguaggio modernissimo.
Doriana Tozzi
RUMORE, n. 366/367, luglio/agosto 2022.

THE PANTHER'S ROOM

Gli She Quan ci aprono le porte della “stanza della pantera” con il disco The Panther’s Room che nasce dalla poesia ma procedere su un suo binario narrativo
La musica permette di creare mondi e distruggerli per poi crearne ancora di nuovi, instancabilmente. La musica strumentale, utilizzando esclusivamente il linguaggio della musica stessa, fatto di parole a forma di suoni e di frasi che assumono tonalità e colori sempre diversi in base alla grammatica delle emozioni, riesce a rendere ancora più tangibile questo processo di creazione e di distruzione e di ciclico cambiamento del panorama che ci circonda, perché non segue il racconto delle parole ma quello più ampio e libero delle note.
Certo è che entrando in The Panther’s Room, recente fatica discografica degli She Quan, ci si trova in una stanza gialla come la copertina ma anche come la suspence, la tensione continua creata dagli strumenti, che si muovono con passo felpato e sguardo furtivo dentro questa “stanza della pantera”. Appunto al libro di poesie “La stanza della pantera” si fa riferimento, benché qui il titolo sia trasposto in lingua inglese, ma il collegamento con le poesie non impedisce al disco di procedere ugualmente su di un suo binario narrativo.
La pantera magari vaga di notte rubando istanti preziosi e sogni da chi, non sapendo cosa farsene, li ignora, lasciandoli incustoditi. La pantera li raccoglie in un sacco nero e li porta tutti al sicuro nella sua stanza, rendendoli magicamente oggetti solidi non appena varcata la soglia di questa “Panther’s Room”. Ammirandoli poi alla luce del sole, giallo, la pantera decide chi merita di ricevere in dono il frutto delle sue rapine a fin di bene.
Questo potrebbe essere uno dei sette miliardi di scenari plausibili ricreati dall’ensemble degli She Quan, capitanata dal bassista Giacomo Ferrari, autore dei brani e delle poesie.
L’architettura della “Panther’s Room” è particolare ed insolita: la stanza infatti è composta da cinque pareti, le cinque intense suite di jazz sperimentale dal gusto moderno e cinematografico che vivono soprattutto tramite i racconti appassionati del sax, vivace e pullulante di descrizioni che non lasciano indifferenti, ma si suggellano con la ricca sezione ritmica, formata da basso, batteria, percussioni ed effetti, che non si limita mai semplicemente a “portare il ritmo” ma aiuta a ricreare frasi, umori, sensazioni, rendendo questa gialla stanza straripante di espedienti e storie da raccontare.
Un ottimo disco da ascoltare e riascoltare più volte per coglierne pian piano tutti i dettagli.
Doriana Tozzi
ROCK.IT, 2018

THE PANTHER'S ROOM

A un anno di distanza dal disco di esordio Hard Pop Generation (MajosterRecords, 2017), esce il secondo lavoro degli She Quan The Panther’s Room (ZoeRecords, 2018).

Molteplici sono le atmosfere del disco, si va dal rock alla musica concreta, da suggestioni etniche a spunti colti. La narrazione, tuttavia, è coerente, il passato si fonde con il presente nel tentativo di sondare nuovi orizzonti.

La band prosegue nel suo percorso di ricerca con cinque brani inediti, uno dei quali, Black & Green Fantasy, già presente nel repertorio della formazione, viene registrato ufficialmente solo in questa occasione.

Il titolo del brano è ispirato all’ellingtoniana Black & Tan Fantasy, qui però sono il nero e il verde i colori che si mescolano, metafora dell’inquinamento crescente sparso per il mondo. Il brano parte in sordina raggiungendo momenti di grande intensità, un inestricabile intreccio che si scioglie in un tintinnio di piatti.

The Panther’s Room, secondo brano del disco, è costruito su un tema articolato e sinuoso che pervade tutta la performance; apparentemente si alternano i soli di basso e sax ma non sempre sono chiari i ruoli nel tentativo di ciascuno di ritagliarsi uno spazio indipendente.

Segue Yellow & Green Fantasy, altro titolo allusivo, brano potente che inizia tuttavia nell’incertezza, si cercano strade, non si trovano, poi il basso apre una porta e il brano gradualmente decolla, chiaro esempio di forma creata al momento, qui l’approccio della band si svela più che in altri brani.

Stars Under The Sand, quarto brano del disco, di nuovo il titolo sembra rimandare a una condizione del presente, un espediente per attaccare la musica al vissuto prima di cercare un altrove. Forse il brano più descrittivo, stelle che affiorano dalla sabbia si intravedono fra suggestioni timbriche e deviazioni elettroniche.

Chiude Minute Man, l’uomo sempre pronto alla guerra e al lavoro, anche se il mood del brano sembra proporci un sentimento opposto, alla ricerca del sublime c’è spazio anche per l’ironia.

Buon Ascolto ZR

HARD POP GENERATION

Esce l’ep d’esordio degli She Quan, nato come testimonianza del tour estivo Hard Pop Generation, da cui prende il titolo, sostenuto e prodotto dalla Majoster Records che fin dagli esordi segue la formazione.

La band nata nel 2016 dall’incontro di Giacomo J. Ferrari, bassista e compositore, e Giacomo Russo, batterista, si esibisce fino al luglio del 2017 in trio con Raffaele Fiengo al sax alto e soprano. Durante il tour si aggiunge Giuseppe Kalyan Bianco al gong con cui suonano al Festival Internazionale del Jazz di Carnate.

Organico inconsueto, quindi, con il gong che oltre ad espandere il potenziale timbrico-percussivo, s’insinua nelle pieghe della musica come strumento autonomo, quasi a riempire a suo modo il vuoto del piano o della chitarra.

Non è semplice definire il jazz degli She Quan, si sentono certamente le influenze della tradizione afro-americana, del pop e del rock ma anche elementi tratti dalla musica contemporanea, dal minimalismo nonché misteriose suggestioni etniche. Ciò che tuttavia colpisce delle composizioni è la loro familiarità, l’ascoltatore è attratto da elementi che riconosce ma nello stesso tempo non sa dargli un nome.

Il CD apre con She’ll, un di rito vudu, con il basso che fino alla fine bussa insistentemente alla porta del Loa, l’antenato che trova voce nel tema contrastante del sax. Tecnica compositiva inconsueta, il mondo sonoro del basso e quello del sax di fatto non hanno una sola nota in comune ma coesistono perfettamente, una sorta di metafora dell’integrazione. Convince il solo del sax sorretto dalle perfette modulazioni dinamiche della batteria.

Dopo questo rito di possessione, l’ascoltatore entra nel mondo sonoro di Hard Pop, composizione ambiziosa, la cui struttura sembra rifarsi apparentemente alla forma canzone ma con una sezione B dilatata e senza tempo che trasforma il brano dall’incipit furioso in una ballad contemporanea per poi gettarsi in un magma sonoro inestricabile da cui gradatamente si dipanano le narrazioni degli strumenti, un’eterofonia in continuo movimento.

The Imperfect Art, omaggio ai cent’anni dal primo disco jazz, senz’altro il brano più jazzistico del CD, ma anche qui la struttura del tema spiazza, una sorta di motivo dodecafonico a due voci ingabbiato in una forma di ragtime ciclico, con la pulsazione swing a sorreggere alcune delle sezioni. Il solo del sax prosegue su un basso in continuo movimento e scivoloso, si aggrappa al ride della batteria per trovare un equilibrio e accompagnarci in uno dei momenti più suggestivi dell’album: entra il gong in una dimensione senza tempo, attraversato dagli echi del basso, un mondo sonoro fra l’esotico e il misterioso.

Arriva quindi il mentore della band, Big Boogaloo, il quarto brano, accompagnato da un programmatico componimento poetico (*), la vita del cosmo come l’esistenza umana ingabbiata in un destino senza memoria. Di nuovo un tema diviso fra gli strumenti che dal tutto porta al nulla, da cui nascono suoni primordiali, primi passi e l’eterno inizio di un lungo percorso che B.B. intraprende non senza sorprese.

Chiude il CD Hard Pop (reprise), un’ennesima e inedita versione del brano, che ci accompagna questa volta in un’atmosfera rock psichedelica, senza tema e con finale cinematograficamente aperto.

Buon ascolto, Leon MR

Strati di coscienza

Livelli di potere

Casualità cosmiche

Buoni e cattivi sentimenti

Mentre brandelli di carne innocente

Cadono sulla terra

 

Layers of consciousness

Levels of power

Cosmic randomness

Good and bad feelings

While shreds of innocent flesh

Fall to earth

G. Ferrari, La Stanza Della Pantera, 2019

Galleggiano alchimie inedite, inafferrabili

Frammenti scappano, si spezzano, inseguono voci

Una narrazione

Due narrazioni

Tre narrazioni

Benvenuto

Nella stanza della pantera

G. Ferrari, La Stanza Della Pantera, 2019

Big Boogaloo
Passeggia per le strade della vita
Come ogni mattina
Saluta il primo Dio che incontra
Beffardo si compiace delle costellazioni
Quando il tempo lo permette
Accarezza una cometa
Distratto finisce in un villaggio
Saluta il primo cittadino
Pithecantropus Erectus
Un dubbio lo assale
Ma sembra essere giunta l'ora
Vorrebbe lasciare un messaggio
È troppo tardi
Qualcuno afferra la lancetta dell'Universo
E correndo a ritroso
cancella tutto il tempo

Big BoogalooSi affaccia dalla finestraVede l'inizio di un sentieroDecide di fare due passiAd un tratto una pacca sulla spallaSi giraIl destinosenza memoria, gli sorride

G. Ferrari, La Stanza Della Pantera, 2019

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